palazzo-doganaÈ servita a qualcosa questa riforma? È cominciata davvero un fase nuova della politica, della gestione della cosa pubblica e quindi delle relative competenze? Oppure si è trattato di una decisione assunta sull’onda emotiva della cosiddetta “spending review”? L’abolizione, o comunque la mutuazione, del modello governativo delle Amministrazioni Provinciali (a cominciare dal nuovo sistema elettorale del loro presidente) resta un tema di stringente attualità, all’interno di un ripensamento generale delle politiche di decentramento a cui lo Stato intende mettere mano (a cominciare dalla possibile revisione del “Titolo V” che regola i rapporti delle autonomie tra Stato e Regioni). In questo ambito molto delicato, sotto il profilo legislativo ma anche antropologico, è maturato il saggio dal titolo L’abolizione delle province in Italia” scritto dalla prof.ssa Fiammetta Fanizza, docente di Sociologia generale nel corso di laurea triennale in Scienze della formazione e dell’educazione nonché di Sociologia della comunicazione nel corso di laurea magistrale in Scienze pedagogiche e della progettazione educativa presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Foggia. Il saggio (pubblicato per Laterza nella collana “Itinerari”) è uscito da qualche giorno e sta facendo discutere sia per la capacità di portare un contributo originale al dibattito sia per la lettura moderna di una questione tutt’altro che risolta. «Questo saggio – spiega la prof.ssa Fiammatta Fanizza – vuole fornire un contributo alla comprensione delle ragioni che hanno innescato il processo di riforma delle Province in Italia. In particolare, con lo specifico obiettivo di valutare l’impatto sulle popolazioni oltre che sui territori, si occupa di approfondire da un punto di vista sociologico le conseguenze del nuovo impianto normativo in termini di rappresentazione, organizzazione e gestione del potere a livello locale». L’ipotesi da cui dipanano le tesi contenute nel saggio, partono dall’assunto secondo cui l’obiettivo della riforma – essendo le nuove aree metropolitane il centro del potere e il luogo da cui partono una serie di pratiche sociali – sia quello di affermare tramite il nuovo assetto metropolitano le forme espressive e le categorie di un nuovo pensiero politico italiano, non necessariamente fondato sul potenziamento del decentramento. «Da questo punto di vista – aggiunge la prof.ssa Fiammetta Fanizza – ho voluto fornire un contributo alla discussione, anche da un punto di vista antropologico. Ovvero la possibilità che venga meno un senso di appartenenza a un territorio ben definito e storicamente riconosciuto come tale, come ad esempio la Capitanata che è una delle più vaste province d’Italia con 61 comuni e distanze tra alcuni di essi che superano persino i 200 km. Intendo dire che la materia è molto delicata, ovvero che la legislazione forse dovrebbe tener conto di una composizione orografica e antropologica che in Italia conta più che in qualsiasi altro Paese al mondo. Ecco, forse questo potrebbe essere un punto di partenza per la lettura del libro». L’abolizione delle province in Italia” (Ed. Laterza, pagine 104, prezzo 15 euro) è stato pubblicato anche grazie a fondi dell’Università di Foggia, che nell’ambito delle risorse ottenute grazie alla “Campagna 5 x 1000” le mette a sua volta a disposizione dei propri ricercatori mutuando l’esperienza del Premio Gianluca Montel in un contributo finanziario destinato a pubblicazioni di carattere culturale e scientifico. Il libro verrà presentato a Foggia, oggi alle ore 17.00, presso la sala del Tribunale della Dogana della Provincia di Foggia (in piazza XX Settembre), alla presenza del Rettore dell’Università degli Studi di Foggia prof. Maurizio Ricci, dell’ordinario di Diritto amministrativo dell’Università di Foggia prof. Enrico Follieri, del Presidente della Provincia avv. Francesco Miglio e del Presidente UPI Puglia prof. Francesco Schittulli. A moderare l’incontro sarà il giornalista Sergio De Nicola.