sanitasalaopearatoriaMigliaia di pazienti italiani con tumore mobilitati a favore del diritto alla salute, l’uguaglianza dei cittadini e l’uniformità dei livelli di assistenza in tutto il territorio nazionale,  contro i “viaggi della speranza” dal Sud verso il Nord.

Ad allarmare le Associazioni dei pazienti, che oggi a Roma nel corso di un Forum istituzionale presentano il Manifesto per i diritti dei pazienti oncologici, sono in particolare due novità legislative: da un lato, la riforma del Titolo V della Costituzione, una delle riforme costituzionali presentate dal Governo Renzi in questi giorni all’esame del Senato, che non prevede un forte ruolo di indirizzo del Governo centrale in materia di Sanità e rischia di legittimare le attuali differenze tra le Regioni; dall’altra, la recente entrata in vigore della Direttiva europea 2011/24/UE, che riconosce ai cittadini europei il diritto di curarsi in qualsiasi Paese dell’Unione e che a giudizio dei pazienti è stata recepita senza prevedere alcun sostegno per le spese di viaggio, favorendo un flusso migratorio dall’Italia verso altri Paesi europei solo a vantaggio delle fasce sociali ad alto reddito.

«Abbiamo deciso di mobilitarci perché continuiamo a riscontrare troppe, inaccettabili differenze nella qualità dell’assistenza sanitaria da Regione a Regione – afferma Anna Maria Mancuso Presidente di Salute Donna onlus, promotrice dell’iniziativa insieme ad altre 9 Associazioni – in alcune realtà bisogna scegliere se accontentarsi di un’assistenza sanitaria non adeguata e non tempestiva, mettendo a rischio le chance di sopravvivenza, o se affrontare spese ingenti o addirittura indebitarsi per andarsi a curare altrove. Tutto questo è ingiusto e inaccettabile ed è in palese contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione che sanciscono l’uguaglianza dei cittadini e la salute come diritto».

Nel Manifesto le Associazioni chiedono che venga sancito a livello costituzionale il ruolo dello Stato come garante dell’uniformità sul territorio nazionale delle prestazioni sanitarie e sollecitano inoltre un’Authority nazionale di controllo della qualità delle prestazioni in Oncologia e l’istituzione di un Centro oncologico specialistico di riferimento per ogni Regione.

Il divario tra Nord e Sud, alla base della migrazione sanitaria, è uno degli aspetti strutturali del Servizio Sanitario italiano che, pur piazzandosi ai primi posti nei principali indicatori internazionali da decenni, non riesce a gestire le carenze reali e percepite nell’assistenza che colpiscono soprattutto le Regioni meridionali. Nel corso del 2012 sono stati oltre 770 mila gli italiani ricoverati in una Regione diversa da quella di appartenenza. Il Nord assorbe il 55,1% della mobilità attiva: all’opposto, al Sud tutte le Regioni, tranne il Molise, hanno un saldo negativo. Complessivamente le risorse mobilitate per le cure extra-regione nel 2012 sono state pari a circa 4 miliardi di euro. Il saldo finale è di circa 2 miliardi di Euro (dati SDO-Sole 24 Ore Sanità) e si tratta per lo più di risorse che si sono spostate dalle Regioni del Sud a quelle del Nord incrementando il divario e la capacità di recupero del Sud. Risorse destinate in particolare per interventi di alta specialità: i ricoveri in mobilità hanno un costo medio di circa 5.200 euro contro un costo medio dei ricoveri di 3.500 euro.

«Negli ultimi 15 anni è aumentato il divario tra le Regioni del Nord e quelle del Sud in termini di capacità di attrarre pazienti da altre Regioni. Malgrado i forti incentivi a non perdere risorse per pagare la mobilità, molte Regioni del Sud non hanno saputo investire per rafforzare i loro sistemi sanitari», afferma Giovanni Fattore, Professore ordinario e Direttore del Dipartimento di Analisi delle politiche e management pubblico, Ricercatore senior del CERGAS, Università Bocconi, Milano. «La mobilità sanitaria ha dato una via d’uscita ai pazienti di fronte a servizi locali di qualità modesta e quindi ha ridotto la pressione sociale affinché si investisse nei contesti locali,  generando un ulteriore degrado della Sanità del Sud Italia».

Sono in primo luogo gli specialisti oncologi a confrontarsi con l’impatto della migrazione sanitaria su migliaia di pazienti. «Ogni giorno noi clinici assistiamo persone che arrivano da altre Regioni per trovare cure e assistenza migliori nei nostri ospedali. I motivi di questa fuga sono diversi ma nella maggior parte dei casi il paziente “fugge” dalla propria Regione perché non trova i servizi e la tecnologia adeguati», afferma Paolo Marchetti, Professore ordinario di Oncologia Medica, Direttore di U.O.C. Oncologia Medica, A.O. Sant’Andrea di Roma.

“Decidere” di andare altrove a curarsi ha sempre un impatto drammatico, economico e umano, su pazienti “fragili” come quelli oncologici e le loro famiglie, soprattutto al Sud. «La migrazione sanitaria dal Sud al Nord è fondamentalmente il sintomo di un’inadeguatezza della reputazione, reale o percepita, dell’offerta sanitaria meridionale», afferma Sergio Lodato, Direttore Sanitario Istituto Nazionale Tumori, IRCCS Fondazione Pascale, Napoli. «Molte Regioni del Sud e sicuramente la Campania, presentano un’organizzazione del sistema di offerta per la prevenzione, diagnosi e cura delle patologie oncologiche largamente inadeguato».

Drammatici i numeri in alcune Regioni: «In Calabria il fenomeno della migrazione sanitaria è particolarmente grave: solo il 40% dei pazienti oncologici viene curato nella Regione mentre oltre il 60% è assistito in altre Regioni, soprattutto Lombardia e Lazio, seguite da Sicilia ed Emilia Romagna», afferma Sergio Abonante, Direttore S.S.D. Chirurgia Senologica, Azienda Ospedaliera di Cosenza.

A penalizzare i pazienti può essere non solo la Regione di residenza, ma anche il tipo di tumore: i pazienti italiani con tumori rari, che richiedono competenze di eccellenza concentrate in pochi Centri, sono quasi sempre costretti a un “viaggio della speranza”: «La migrazione sanitaria dei pazienti con tumori rari è un fenomeno molto importante» afferma Paolo Casali, Responsabile S.S.D. Oncologia Medica dei Tumori Mesenchimali dell’Adulto, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano. «Per arginare e contrastare la migrazione sanitaria, è stata costituita la Rete dei Tumori Rari, basata sulla collaborazione tra strutture di riferimento per singole neoplasie rare e buoni Centri di Oncologia medica. L’obiettivo è di mantenere il paziente quanto più possibile vicino casa».

Un modello di assistenza che limita la migrazione sanitaria è quello delle Breast Unit, che assicurano una “presa in carico globale” per le pazienti con tumore al seno: «Equipe multidisciplinare, professionisti formati, protocolli standardizzati, elevato volume di attività, controlli di qualità e presa in carico completa della paziente dal momento della diagnosi, fino al follow up e alla riabilitazione è ciò che caratterizza il modello Breast Unit, che riesce a garantire un significativo aumento della sopravvivenza e a ridurre la migrazione sanitaria», afferma Patrizia Frittelli, Coordinatrice Breast Unit e Responsabile U.O. di Chirurgia Senologica, Ospedale Belcolle di Viterbo, Direttivo ANISC, Associazione Nazionale Italiana Chirurghi Senologi.

Prima firmataria del Manifesto tra i parlamentari è la senatrice Adele Gambaro, eletta nel Movimento 5 Stelle e attualmente iscritta al Gruppo Misto: «La Sanità non è certo ai primi posti tra i temi di cui si discute in questi giorni al Governo o in Parlamento. Si tratta di una lacuna che va assolutamente colmata perché coinvolge la vita di milioni di cittadini ed è opportuno, attraverso questa iniziativa, sensibilizzare Governo e Parlamento ad attivarsi anche oltre l’attuale dibattito sulle riforme istituzionali».

Dopo la presentazione del Manifesto, le richieste delle Associazioni saranno sostenute nei prossimi mesi da attività di comunicazione on line e sul territorio.

Per informazioni e adesioni al Manifesto: www.salutebenedadifendere.it